25 luglio 2021. Softball, ultim’ora: Italia vs Messico 0-5
Luca Farinotti
La Nazionale Italiana femminile di Softball, con la sconfitta per zero a cinque contro il Messico, dice definitivamente addio a ogni residua speranza di medaglia. Un’olimpiade “ingiusta” quella di Tokyo per le azzurre che, solo qualche settimana fa, festeggiavano il trionfo all’Europeo. Tra le bandiere delle nazioni, tutte perfettamente immobili durante la cerimonia della finale con l’Olanda, solo il tricolore si mise a sventolare come per magia, mosso da un’improvvisa folata di vento. Qualcuno sussurrò che in quel fremito ci fosse lo spirito di Enrico Obletter, coach/padre delle azzurre portato via dal covid-19 nel febbraio di quest’anno. “Vinceremo per lui”, #perenrico, si erano ripromesse le Sorelle d’Italia. L’Olimpiade di Tokyo ha messo di fronte la squadra italiana più forte di sempre a nazionali semplicemente mostruose (Giappone e Stati Uniti in primis). Eppure l’Italia, sospinta dalla magica convergenza, quell’alchimia quasi tribale, di cui abbiamo più volte raccontato, è stata in grado di cogliere in pieno il motto (hic et nunc) che in questo triennio aveva sempre incarnato lo spirito delle azzurre: nel match d’esordio contro gli USA, le nostre ragazze sono state semplicemente impeccabili. Hanno affrontato le avversarie a viso aperto, coraggiosamente, subendo una sconfitta di misura dal sapore di vittoria: basti pensare a quale iniezione di fiducia potesse rappresentare una prestazione di così alta levatura contro le giocatrici più forti del mondo. Di misura è stata anche la sconfitta con l’Australia (0-1), contrassegnata da una prova difensiva praticamente perfetta (spicca Giulia Longhi con una sequela di precisissime assistenze in prima nei momenti cruciali dell’incontro). La sconfitta col Giappone è stata fisiologica, quasi necessaria a squassarsi di dosso certe rigidità, in vista di potersi giocare il tutto per tutto con Messico e Canada. Il match di oggi col Messico, un “dentro o fuori” per entrambe le nazionali, lascia l’amaro in bocca. C’è la sensazione forte che l’Italia avrebbe meritato di giocarsi un podio per l’approccio che ha dimostrato in tutto il torneo. Ma, come abbiamo detto, gli dei dell’Olimpo forse questa volta hanno voltato le spalle alle azzurre. Per due motivi. Il primo è il calendario. Giocare con USA e Giappone alla prima e terza giornata (con le due squadre più forti ansiose di mettere quanto prima in cassaforte la finale per il primo e secondo posto) non ha aiutato il percorso delle Sorelle. Il secondo motivo va cercato invece in una sorta di inspiegabile sortilegio che, col passare degli inning, si è impossessato del gruppo: la sterilità in attacco. Il fatto che l’Italia non sia stata in grado di realizzare punti ha del clamoroso. Soprattutto se pensiamo a come sono stati vinti gli ultimi due europei e il torneo di qualificazione olimpica, ovvero a suon di fuoricampo. L’Italia arrivava all’olimpiade con la fama di essere una squadra pericolosa, dalla valida facile. E invece è accaduto qualcosa di assolutamente imprevedibile: lo zero nella casella “punti segnati”. In tutte le partite abbiamo sempre avuto la sensazione costante che, prima o poi, le ragazze si sarebbero sbloccate (com’era più volte accaduto nel recente passato) e che, da un momento all’altro, avrebbero iniziato a bombardare la difesa avversaria rimontando gli svantaggi. Si trattava di qualcosa di più di una speranza; era, appunto, una sensazione palpabile. Invece le mazze non si sono mai innescate. La potenza di fuoco è rimasta come trattenuta, inespressa: un grande rammarico. Ma come può essere accaduto tutto ciò, al netto del grande valore delle avversarie? Com’è possibile non riuscire a battere nemmeno un punto a casa con l’Australia? Proviamo a ipotizzare che, paradossalmente, sia stata proprio l’eccellente partita con gli Stati Uniti a spostare il focus sulla necessità di realizzare grandi prestazioni difensive per competere ai livelli altissimi richiesti dal torneo. Ciò potrebbe aver parzialmente sottratto energie ai turni di battuta in cui, talvolta, le ragazze sono parse un po’ troppo timide nel giro di mazza, insolitamente prudenti e attendiste. Questa è, però, solo un’ipotesi. Anche se, non a caso, i migliori turni offensivi (in cui è riuscita a portare giocatrici sulle basi in questa olimpiade) l’Italia li ha offerti sempre all’ultima ripresa, come se aspettasse di avere l’acqua alla gola, quale condicio sine qua non, per poter finalmente sciogliere le mazze e provare a risvegliarsi da un costante e reiterato stato di attesa passiva. Difficile, tuttavia, trovare una vera spiegazione alle statistiche cui siamo di fronte. E ingiusto sarebbe limitare questi numeri a una lettura meramente tecnica. Deve esserci stato qualcosa di più, o forse qualcosa di meno, al di là delle questioni tecniche. Rimane l’impressione che l’Italia non abbia raccolto quel che meritava per una serie di coincidenze sfavorevoli a causa delle quali si è inceppato il meccanismo offensivo. Non è una bestemmia affermare che l’Australia era alla nostra portata: con una vittoria (e con un po’ più di fiducia al piatto), col Messico sarebbe stata tutta un’altra partita.
Luca Farinotti (Parma, 1972) ha vinto il Premio “Selezione” Bancarella Sport nel 2019.